Tu (non) sei il tuo lavoro
Quello che appare alla luce del bellissimo testo di Rosella è una sorta di nuova forma di teatro greco, fatta di una voce che argomenta e di un’altra che insinua dubbi, riguardo a problemi strettamente legati al vivere contemporaneo. Una voce femminile e una maschile, un Coro e un Corifeo, pongono pubblicamente i problemi del lavoro, dei contratti a progetto, dei master a pagamento, delle ingiustizie sociali. E lo fanno a volte in modo amaro, a volte comico. Una coppia, il nucleo base della società, dibatte sui temi del lavoro che non c’è o che, quando c’è, diventa un’illusione di felicità, perché allontana spesso dalla possibilità di amare, di fare un percorso, di generare un figlio.
Sandro Mabellini
Il Napoli Teatro Festival riserva spesso motivi di riflessione. È il caso di Tu (non) sei il tuo lavoro, testo di Rosella Postorino, messo in scena con mano sicura da Sandro Mabellini. È un testo di agghiacciante verità e attualità, un quadro semplicemente disarmante della condizione umana e lavorativa. Una coppia, precaria lei, disoccupato lui: situazione ormai diffusa. Mille euro al mese, un contratto che è un ricatto, eppure la gioia, la felicità di sentirsi parte di un lavoro, di identificarsi con esso: per lei è tutto chiaro, la vita è lì, in quel posto strappato con le unghie e con i denti grazie a una sostituzione per maternità poi confermata. Ma c’è un rischio: che lui sia ‘rimasto dentro’. È la gravidanza il pericolo, il terrore. In questo paese per vecchi, avere un figlio è una colpa, una disgrazia, una giusta causa di licenziamento senza nemmeno un ringraziamento. È la tragedia del contemporaneo: vite obbligate alla marginalità, nonostante studi universitari, master, specializzazioni. Il sogno è quello di tornare alla casa di origine, dai genitori, di fuggire in provincia, al mare, di lasciare la metropoli e abbandonare sogni di gloria e frustrazioni.
Il testo della Postorino, dunque, sembra nascere quasi dal di dentro: sguardo attraverso una generazione senza futuro e senza presente.
In scena i due attori sono bravi e commoventi nella loro semplicità: senza orpelli o fronzoli sono là, a testimoniare il declino di una intera generazione, schiacciata da una vita che vita non è. “Macelleria sociale”, dicono alcuni. Ma qui è già stato macinato tutto.
Andrea Porcheddu
Importante il lavoro di Sandro Mabellini “Tu (non) sei il tuo lavoro” con due giovani interpreti freschi e prepararti, un testo finalmente lucido (di Rosella Postorino), una sorta di doppio monologo sul lavoro inteso come senso primario e ultimo di vita (o quello che ci ha voluto far credere e intendere e insegnare e inculcare la società dei consumi) e il lavoro interpretato invece come strumento di realizzazione non per forza economica. I lavori indipendenti, i lavori culturali, gli straordinari non retribuiti, il tempo libero dedicato al lavoro, la competitività, gli affitti alle stelle nelle grandi città, le ferie e la maternità che non sono da chiedere altrimenti il capo ci preferirà altri, il lavoro che è malattia ma anche terapia. Supportati da una felice quanto semplice scena con un fondale di disegni che si trasforma e rimanda onde e battigia (“Lavorare, lavorare, lavorare, preferisco il rumore del mare”, diceva Dino Campana; a San Benedetto del Tronto vi è una bellissima opera d’arte sul lungomare che ricorda questi versi), i due ragazzi si muovono tra le due sponde in antitesi, in una contrapposizione senza vincitori né vinti ma che lascia entrambi sconfitti. “Io stessa e il mio corpo è il mio lavoro”, dice Lei, mentre Lui rifiuta il sistema, gli stage che non servono a trovare lavoro ma solo a rimpinguare le casse del mercato della formazione, la grande bufala della mobilità sociale, il lavoro che ormai è un miracolo e non un diritto. Il quadro è amaro e depresso. La riflessione utile anche se senza soluzione. Il consumismo ha perduto.
Tommaso Chimenti
ROSELLA POSTORINO è autrice di romanzi. Collabora tra glia altri con Einaudi e Feltrinelli. Al suo attivo le opere La stanza di sopra, l’estate che perdemmo Dio, Il corpo docile, Tutti giù per aria. Col il romanzo Le assaggiatrici (Feltrinelli, 2018) vince tra gli altri il Premio Campiello, il Premio Pozzale, il Premio Rapallo, il Premio Vigevano, il Premio Chianti, il Premio Sognalib(e)ro, il Prix Jean-Monnet (Francia). Il romanzo è attualmente tradotto in più di trentadue lingue.
FRANCESCO PATANÈ è attore. Si diploma alla Scuola di recitazione del Teatro Stabile di Genova. Nel 2020 esordisce al cinema come co-protagonista (con Sergio Castellitto) nel film Il cattivo poeta, ispirato alla figura di D’Annunzio. Per la sua interpretazione ottiene la Candidatura ai Nastri D’Argento come miglior attore esordiente. Nel 2022 è protagonista insieme a Elodie del film Ti mangio il cuore di Pippo Mezzapesa, film presentato nella sezione Orizzonti del Festival del Cinema di Venezia.
MARIA LOMURNO è una giovane attrice. Lavora come protagonista in svariate produzioni teatrali dirette tra gli altri da Giancarlo Fares, Graziano Piazza, Francesco Polizzi. Nel 2022 è candidata al Premio Hystrio alla Vocazione come miglior attrice giovane.
Testo Rosella Postorino
Regia | luci | spazio scenico Sandro Mabellini
Interpretazione Maria Lomurno | Francesco Patanè
Produzione Ass. Cult. Mascarà – Teatro popolare d’arte
Durata: 70’
Testo Rosella Postorino
Regia | luci | spazio scenico Sandro Mabellini
Interpretazione Maria Lomurno | Francesco Patanè
Produzione Ass. Cult. Mascarà – Teatro popolare d’arte
Durata: 70’
Via Carlo Rusconi, 6 int. 18, 40131 Bologna
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